Il 6 agosto del 1905 fu una data storica per Messina: quel giorno, nei rubinetti delle case, giungeva l’acqua del primo acquedotto moderno della sua storia, la “Santissima”, da monte Poverello.
L’”Acquedotto Civico”, come si chiamava, fu progettato dall’ingegnere Pietro Interdonato Reggente della Direzione dell’Ufficio Tecnico Comunale dal 1894 al 1902, che così scriveva sul “Monitore Tecnico”, rivista d’Ingegneria, del 30 marzo 1905: “La soluzione del problema dell’Acquedotto di Messina è passata attraverso a non poche difficoltà tecniche od amministrative prima di giungere all’attuale stadio risolutivo. Fin dal 1882 il Municipio concedeva ad una ditta locale la costruzione di un acquedotto; ma vuoi per impreparazione tecnica del progetto, vuoi per la mancanza di mezzi nella ditta concessionaria questa non diede alcuna esecuzione al contratto. Nel 1894 gl’Ingegneri Caselli e Interdonato per incarico dell’Amministrazione del Comune presentavano, dopo un lungo esame dei luoghi ed aggiungendo nuovi dati ai pochi già esistenti, un progetto di massima per la conduzione a Messina di 10.000 mc. d’acqua al giorno delle sorgive del Niceto, dimostrando la possibilità di estendere a 15.000 mc. la provvista con allacciamento di sorgive secondarie. L’acquedotto si compone :
1. Delle opere di presa e di allacciamento.
2.Dell’acquedotto principale della lunghezza complessiva di Km. 23,295 comprendente N°. 04 gallerie con uno sviluppo di m. 11.754 e N°. 10 sifoni sviluppanti m. 4.402 in tutto.
3. Dei quattro serbatoi di distribuzione della capacità complessiva di 15.000 mc..
4. Della rete di distribuzione interna avente uno sviluppo complessivo attuale di Km. 43,000.”
E l’ingegnere Interdonato non mancava di citare i nomi dei collaboratori che portarono a termine questa titanica impresa: “L’opera è tenue rispetto all’importanza della Città che, per quante ansie abbia provato, si mostra tuttavia larga d’incoraggiamento e promettitrice di gratitudine a chi realizzerà questa modesta aspirazione della sua cittadinanza.Hoc opus hic labor. Messina 14 Dicembre 1900. L’Ingegnere di Sezione Pietro Interdonato, l’Ingegnere Capo Leandro Caselli, collaboratori: L. Borzì, Ing. di Sezione, A. Galbo, Ingegnere, A. Russo, Ingegnere.”. Mentre procedevano i lavori di costruzione dell’acquedotto, si provvedeva alla realizzazione dei serbatoi in città: il Gonzaga (centro città), il Noviziato (sud città) e il Trapani (nord città). Pietro Longo, giornalista messinese, così scriveva a proposito delle tubazioni: “La fornitura dei tubi di ghisa e pezzi speciali per la rete di distribuzione della Città e per i sifoni, è stata eseguita dalla Società Siderurgica di Savona per 23.000 quintali e dalla Società Alti Forni e Fonderia di Piombino per 6.600 quintali.” Giunti a Messina e depositati nell’area portuale sotto tettoie approntate dal Comune, i pesanti tubi venivano trasportati su “carrumatti” trainati da robusti buoi e dove non potevano arrivare gli animali, ci pensavano gli uomini, gli umili e misconosciuti trasportatori che con fatiche inenarrabili li portavano, finalmente, a destinazione.
E così, si giunse al giorno dell’inaugurazione del 6 agosto 1905. Ancora, Pietro Longo, scrisse di quella memorabile giornata: “Squilli da tutte le campane e dilaghi da tutte le anime, passi per le vie e per le piazze della Città falciata, nell’incomparabile azzurro del suo cielo, tutto il fremito dell’esultanza! Poiché giorno di festa mai fu più solenne e mai desiderio fu più intenso di quello compiuto. La tanta invocata, limpida, schietta acqua del Niceto, libera fra le eriche e le felci, spumeggiante nei frastagli delle rocce, impetuosa e scrosciante nei burroni, è stata dominata, vinta dalla forza del nostro volere e scorre vivificatrice nel grembo di Messina.” “E passi l’oblio per chi di oblio ha bisogno: perché se la storia, che tutto annota nel tempo ed avvalora, dovesse un giorno narrare l’avvicendarsi di questo aspro fenomeno morale, quanto amara, quanto amara sarebbe quest’acqua ai venturi. Parli invece la storia di quel periodo in cui l’entusiasmo dell’anima popolare, raccolte le più valide energie ed irrompendo audacemente nel campo dei dubbi e delle alternative compiva l’edificio mirabile".
Un immenso plauso e gratitudine vadano a quella magnifica gente di ieri che, anche col sacrificio di vite umane, rese possibile questa titanica impresa. La rampogna e il disprezzo vadano per quella gretta e ignorante gente di oggi che lascia nel degrado e nell’abbandono una testimonianza di alta civiltà e di alto progresso, oltre che di arte e di cultura.
Nino Principato