Grande Madre Acqua di Živko Čingo è un classico della letteratura slava del Novecento recentemente riscoperto da CasaSirio. L’edizione francese ha vinto il Prix Nocturne nel 2014 e da questo romanzo è stato tratto il film “The Great Water” di Ivo Trajkov risultato vincitore della Palma d’Oro nel 2004.
L’opera narra di due orfani, Lem e Keïten, che si ritrovano a dover trascorrere la loro gioventù nell’orfanotrofio la “Chiarezza” durante gli anni della dittatura di Tito. Circondato da un muro altissimo che impedisce di relazionarsi con il mondo esterno, l’orfanotrofio in passato era stato un manicomio di cui l’unico superstite è il campanaro. All’interno dell’istituto diretto dal Piccolo Padre e dalla vice direttrice Olivera Srezoska il tradimento è lo strumento a cui ricorrono gli orfani che intendono mettersi in luce e avere un dossier di tutto rispetto. Non tutti sono disposti però a sottostare passivamente a questo clima di terrore e di sospetto reciproco. Tra questi vi sono i due protagonisti del romanzo: Lem e Keïten.
Lem è il narratore del romanzo che ormai adulto e libero decide di descrivere le giornate trascorse nell’orfanotrofio durante l’infanzia e la profonda amicizia che lo legava a Keïten, per tramandare ai posteri una testimonianza della vita oppressiva vissuta durante gli anni del regime comunista in Jugoslavia e in particolare a Ochrid, in Macedonia. Sottoposti a un’educazione pianificata e alquanto discutibile e la cui disciplina più importante è quella di condotta morale, i bambini riescono a trovare un brandello di felicità soltanto nella “Giornata del talento” in cui ognuno ha la possibilità di dedicarsi all’arte e mettere in mostra le proprie capacità.
Oltre al desiderio di una vita libera e felice ciò che più agognano gli orfani della Chiarezza è inoltre il desiderio di una madre. Questo desiderio si esplica per tutto il romanzo e trova la sua più grande espressione nella figura della Grande Madre Acqua. La Grande Madre Acqua non è altro che il lago adiacente all’orfanotrofio che Lem e Keïten evocano continuamente come immagine pura di libertà, sogno, felicità e affetto. Essa è fondamentalmente l’antitesi dell’orfanotrofio nel quale vigono ordine, disciplina, controllo, sospetto, privazione e afflizione.
A tutto ciò l’altro protagonista del romanzo, Keïten, risponde con la risata. Una risata terribile e implacabile che fa infuriare il direttore e gli inseganti dell’orfanotrofio ma che, nonostante le punizioni che ne derivano, è l’unico modo che il giovane ha per non piegarsi definitivamente alla crudeltà del regime e avvicinarsi a quella madre che tanto desidera e che cerca di riprodurre, in quei pochi momenti di isolamento, in un bastoncino di legno rubato dalla falegnameria dell’orfanotrofio.
Con una scrittura lirica e melodica Čingo descrive la durezza della vita della gioventù slava negli anni della dittatura di Tito, criticando la disumanità e la mancanza di libertà insiti nelle dittature. Grande Madre Acqua è un libro che fa riflettere ed emozionare al tempo stesso. Un vero e proprio capolavoro da leggere e rileggere e, come direbbe Martino Ferrario di CasaSirio, un libro “che proprio non puoi smettere di raccontare”.