In vista della prima assoluta del libro L’Orlando Incazzato di Sabrina Longo ho deciso questa settimana di recensire la guida alla lettura dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto scritta da Italo Calvino. Libro quanto mai fondamentale non solo nella storia della lingua italiana ma nella letteratura mondiale, se consideriamo che nel Don Chisciotte di Cervantes l’unica opera che l’hidalgo salverà dalla distruzione della letteratura cavalleresca sarà proprio il Furioso.
Nell’opera di Ariosto incontriamo i personaggi del ciclo carolingio che nel Medioevo, precisamente intorno al 1100, un anonimo trovatore mise per iscritto nella “Chanson de Roland”, vale a dire nella Canzone di Orlando, quella che fino a quel momento era una fonte orale che i trovatori cantavano nelle piazze e nelle corti europee. Poema a fondamento delle lingue volgari europee, compresa quella italiana, i trovatori veneti rielaborarono la storia di Orlando in dialetto franco-veneto per diffonderla nei territori della pianura padana. Con le prime traduzioni in toscano le gesta del paladino di Carlo Magno si diffusero in seguito con varie varianti e aggiunte in tutta la penisola. La storia di Orlando entra così a far parte del folclore italiano e in particolare in Sicilia conobbe notevole fortuna popolare grazie al teatro dei Pupi e alle pitture dei carretti siciliani.
Da queste premesse comprendiamo come la saga di Orlando si distingua notevolmente dal ciclo bretone di Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda. Poema dal piglio decisamente aristocratico che conobbe maggior fortuna nelle corti europee medievali, in particolare in Francia e Inghilterra, e su cui si formarono i più vivaci intellettuali del tempo, tra cui Dante Alighieri.
Ariosto con l’Orlando Furioso riuscì dove altri invece fallirono, cioè a far appassionare gli aristocratici italiani a una saga popolare. Poeta alla corte degli Estensi con incarichi istituzionali, Ariosto lavorò al Furioso per trent’anni componendo un poema che è molto più di un semplice sequel dell’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo conte di Scandiano.
Proseguendo dalla fuga di Angelica (principessa del Catai per la quale non solo Orlando, di cui è innamorato pazzo, ma anche gli altri paladini di Francia e i Mori fervono d’amore per lei) Ariosto crea un poema mondo in cui il fantastico, la satira, la morale, i costumi e la critica sociale si intersecano in una perfetta costruzione armonica data dal ritmo incalzante delle ottave. Orlando, Ruggiero, Rinaldo, Astolfo e gli altri personaggi del poema si spostano così dalla Francia alla Sicilia passando per l’Africa, l’Inghilterra, l’Irlanda; attraversando regni fantastici come l’isola di Alcina e esplorando corpi celesti come la Luna. Tutto ha un nome, dalle spade ai destrieri, e l’opera di italianizzazione investe tutti i campi del sapere, compresi i nomi delle città e delle casate straniere. È così che Bath diventa ironicamente Battona e per impossessarsi di una spada come Durlindana i cavalieri sono disposti a muovere mare e monti. Non bisogna poi trascurare l’importanza degli animali.
Gli animali fantastici e quelli reali non sono dei semplici comprimari, ma anzi spesso si rivelano fondamentali per condurre alla ragione i cavalieri o quantomeno tentare di raggiungere tale scopo (si pensi al rifiuto di Baiardo montato dal saraceno Sacripante che si rifiuta di scagliarsi contro il legittimo padrone Rinaldo, da cui era scappato per raggiungere Angelica e permettere al cugino di Orlando di non fare un inseguimento a vuoto) o per consentire a questi di compiere gesta incredibili (si pensi all’impresa di Ruggiero, fondatore leggendario degli Este di Ferrara, che a cavallo dell’Ippogrifo riesce a salvare Angelica, legata a una roccia del mare d’Irlanda come una sorta di Andromeda, dalla furia dell’Orca).
Un ruolo molto importante è svolto nel poema dalle donne. In esso non è presente soltanto la principessa del Catai che renderà Orlando pazzo d’amore scegliendo Medoro, un soldato semplice saraceno che Angelica salva da una morte certa somministrandogli una pozione e di cui se ne innamora ricambiata. Tra le altre donne rintracciamo anche Olimpia, la sfortunata contessa d’Olanda che viene abbandonata dal suo promesso sposo sulla costa irlandese e che Orlando salva ben due volte e che quando il re irlandese Oberto se ne innamora il paladino di Francia le augura di non doverla salvare per una terza volta. Oppure Morfisa, la sorella di Ruggiero, abile spadaccina che alla fine del poema quando viene a sapere dallo spirito del mago Atlante di come i saraceni abbiano assassinato il padre di fede cristiana abbandona le schiere di Agramante per unirsi alle file di Carlo Magno.
La donna del poema che desta maggiormente la mia ammirazione è però Bradamante. Valorosa cavallerizza nelle fila dell’esercito di Carlo Magno, la paladina si caratterizza non soltanto per l’abilità con la spada ma per la caparbietà che mette per coronare il proprio sogno d’amore con il saraceno Ruggiero, che ricambia altrettanto ma ha più difficoltà a resistere al fascino femminile e a tenere fede alla promessa di sposarla una volta convertitosi al cristianesimo.
Alla fine del poema Bradamante riuscirà a sposare Ruggero e a dare vita alla dinastia estense, ma soprattutto Orlando riuscirà a ritrovare il senno grazie ad Astolfo che assistito da San Giovanni Evangelista riesce a rintracciare sulla Luna l’ampolla contenente la ragione del paladino di Francia. Orlando dopo le peripezie che ha dovuto affrontare nei due lunghi poemi rinascimentali abbandona il proprio sogno d’amore per tornare ad essere il paladino valoroso e saggio capace di farsi valere in battaglia come anche negli studi.
Con l’Orlando Furioso Ariosto analizza con tono satirico la fine dei valori cortesi che avevano permeato la società medievale e a cui ancora le corti rinascimentali erano legate. La società però si stava trasformando e di questo l’Ariosto ne è ben consapevole. A volte nei versi del Furioso emerge una critica della società dell’epoca, come ad esempio nella condanna dell’archibugio. Un’arma da fuoco devastante che modificò radicalmente le strategie di guerra, ponendo fine al valore cavalleresco che ogni cavaliere doveva mostrare sul campo di battaglia. Altre volte Ariosto sostiene la scienza e le arti del suo tempo. È in tal senso che si devono interpretare la rilevanza che Ariosto dà ai luoghi geografici, ai corpi celesti e ai riferimenti classici latini e greci propri dell’umanesimo rinascimentale. Dalla società medievale Ariosto salva dei valori che a suo modo di vedere devono fare propri tanto i contemporanei quanto i posteri. Questi valori sono l’amicizia, la fedeltà alla parola data, il rispetto degli altri, la saggezza e l’amore equilibrato in cui la passione non travalica la follia come in Orlando ma resta nei cardini della misura e del rispetto della persona amata.
In conclusione l’Orlando Furioso è da considerarsi il Trono di Spade del Rinascimento, capace all’epoca di unire tutti i ceti sociali e che oggi conosce una riscoperta al teatro con lo spettacolo di Stefano Accorsi attualmente in scena e in campo letterario con il reboot di Sabrina Longo ambientato nella Catania degli anni duemila e che avrete modo di conoscere alla presentazione di giorno 17 marzo alle ore 18:00 alla libreria Dedalus.