“In fondo al viale
in quel caffè, dove va gente
che non sa cosa fare
ho conosciuto lei
In fondo al viale
in quel caffè, mi guardo intorno
per vederla arrivare
in lei vedo ciò
che non ho avuto mai
e ho voglia di gridare per lei […]”
I leggendari anni ’60 stavano per concludersi, era il 1968 e a Messina (ma non solo) l’inno nazionale per eccellenza era proprio questo grande successo discografico da 500 mila copie del complesso messinese “Gens” che faceva egregiamente il paio con “Laura dei giorni andati” (sul lato B di “In fondo al viale”), uno splendido brano di un giovane Roberto Vecchioni con musica di Andrea Lo Vecchio, composto apposta per loro. A scriverlo insieme a Cesare Gigli, musica di Gianni Marchetti, era stato quel grande cantautore troppo presto scomparso e troppo presto dimenticato, che era il monfortese Salvatore Trimarchi e che avrebbe poi scritto parole e musica del motivo “Noi due insieme”, con il quale Orietta Berti parteciperà alla finale di Canzonissima nel 1973 piazzandosi al quarto posto.
Trimarchi aveva conosciuto Filiberto Ricciardi nel 1966, cantante solista del gruppo messinese “The Giants” e per loro aveva scritto la versione italiana di "Is it yes, is it no" di James Brown, dal titolo "Brucerò". Proprio con questo pezzo, i Giants” si aggiudicano il III Trofeo nazionale “EuroDavoli” al Tennis Club di Tirrenia (Pisa), precedendo “Gli Eremiti” di Foligno, “Le Soddisfazioni” di Ancona e “I De Lind” di Milano. Ciò che valse loro l’ammissione alla finale europea che ebbe luogo a Lugano in Svizzera e venne trasmessa in eurovisione (il “Torneo nazionale Rapallo Davoli” era una manifestazione canora radiotelevisiva nata in Italia nel 1966, conosciuta anche con le denominazioni “Torneo Italia beat” ed “Eurodavoli”. Il nome derivava dalla Davoli, l'omonima azienda di strumenti musicali che faceva da sponsor alla manifestazione, e da Rapallo, la città in cui si tennero le prime due edizioni del concorso; con lo spostamento del festival a Tirrenia, la manifestazione cambiò nome in “EuroDavoli”).
I “The Giants”, che erano nati per iniziativa di Gilberto Bruno (chitarrista) con Pippo Landro proveniente dai “Delfini” di Lino Soraci, Ettore Cardullo dai “Vox Five”, Filiberto Ricciardi e Pino Salpietro dagli “Accattoni”, diventano quindi “Gens”, dal latino “Gente”. Salvatore Trimarchi aveva intanto abbandonato l’anno successivo, a 18 anni, la natia Monforte San Giorgio, chitarra in spalla, in cerca di un ingaggio discografico nella capitale. Dopo un provino presso la casa discografica Det (Discografica Editrice Tirrenica) della famiglia Campi, fondatrice e proprietaria tramite la Editoriale Campi anche del settimanale “TV Sorrisi e Canzoni”, Trimarchi stipula un contratto in esclusiva per tre anni come cantante e autore. In questa veste, lancia subito al Festival di Venezia un suo brano di successo, “Su ragazzo”, interpretato dalla cantante giapponese Yumi Kaoru (in questo periodo collabora, tra gli altri, con i cantautori Luciano Rossi, Gianni Davoli, Alberto Anelli, Salvatore Ruisi, Herbert Pagani).
Fu lo stesso Trimarchi a raccontare la genesi di “In fondo al viale” nel bel libro di Filippo Briguglio e Rosanna Gangemi “In fondo al viale. Sui passi di un cantautore siciliano”, edito da Armando Siciliano nel 2007: “Una sera, dopo aver cenato alla rosticceria Nunnari, ci mettemmo a “vaschiari” sul viale. Parliamo di musica e di progetti, e il tempo ti passa via che è un piacere […] Alle due di notte ci fermiamo a Piazza Cairoli ad aspettare il bus notturno. Arrivò per primo quello di Filiberto, così mi ritrovai da solo, tra le sedie e i tavolini che il Ritrovo Irrera, alla chiusura, lasciava fuori. Presi posto e per ingannare l’attesa, tirai fuori carta e penna e scrissi: In fondo al viale/in quel caffè, dove va gente/che non sa cosa fare/ho conosciuto lei/In fondo al viale/in quel caffè, mi guardo intorno/per vederla arrivare/in lei vedo ciò/che non ho avuto mai/e ho voglia di gridare per lei […] Arrivato il notturno, tornai a casa, lasciai il foglio sopra il tavolo e andai a letto. L’indomani, appena alzato, continuai a scrivere il testo interrotto la notte prima e con la chitarra cercai di dargli un senso musicale. Quindi feci ascoltare la canzone a Filiberto che subito cominciò a provarla con i suoi Gens. Era nata “In fondo al viale””.
Rientrato a Roma, Trimarchi fa ascoltare la canzone a Stelvio Cipriani e a Cesare Gigli della Det che mette sotto contratto i “Gens” e fa incidere il loro primo 45 giri: “In fondo al viale” è un grande successo, partecipa al Cantagiro nel 1969, rimane nella Hit Parade per 17 settimane e viene inserito nelle colonne sonore dei film “Plagio” dell’anno successivo, diretto da Sergio Capogna con Mita Medici e Ray Lovelock e “Salvare la faccia” diretto da Rossano Brazzi con lo pseudonimo Edward Ross, interpretato dallo stesso Brazzi, Nino Castelnuovo, Paola Pitagora e Adrienne La Russa (due anni dopo sarà distribuito negli Stati Uniti con il titolo “Psychout for Murder”).
I “Gens” diventano il gruppo musicale di successo del momento al punto da far dire a Renzo Arbore: “I complessi sono finiti […] i complessi sono finiti […] E dove li mettiamo i “Gens”?”.
William (Filiberto Ricciardi) è la voce solista del complesso, soprannominato il “Baronetto” per l’eleganza nel vestire e la raffinatezza dei modi. Di lui dice Pino Salpietro, altro componente del gruppo: “scrive delle assurdità che si ostina a definire canzoni e poesie, e vede il mondo come una sfera sulla quale gli uomini scivolerebbero se non si reggessero alle stelle”. Pino, detto “Il Leone”, è il batterista che ha iniziato a suonare all’età di 16 anni su una costosissima batteria regalatagli dalla mamma. Di lui dice William: “Il suo piccolo difetto è quello di essere negato e disastroso in tutto”. Ettore Cardullo ha un profilo da indiano apache e per questo è soprannominato “Nuvola Gialla”. Suona la chitarra basso sin dall’età di 17 anni, allegro, divertente e gentile. Gilberto Bruno è “La signora omicidi” per il taglio dei capelli, suona la chitarra e il suo sogno è quello di poter giocare il baseball in una grande formazione. E infine Pippo Landro detto “La Lira” per l’attaccamento al denaro. Di lui, infatti, Gilberto dice: “è un pricchione e sciobba appena vede una lira”. La sua grande passione è lo studio della matematica e nella formazione suona l’organo.
Poi il dramma, la morte prematura nel 1969, a soli 21 anni, di Gilberto Bruno in un incidente a Orzinuovi in provincia di Brescia dove si schianta in un canalone con la sua auto. Il gruppo, fortemente scosso dal tragico evento, si chiede se non sia il caso di smettere. Ma l’arrivo del chitarrista Mauro Culotta, genovese di origine siciliana, ridà nuovo entusiasmo e allora si riprende.
I “Gens”, dopo “In fondo al viale”, azzeccano un successo dopo l’altro: “Vestita di bianco” (1969); “Insieme a lei” (1969); “Ancora e sempre” (1970); “La stagione di un fiore” (1970) e “Lo schiaffo” (1971) - quest’ultima di Giandiego Deriu e Vincenzo Barsanti e con un nuovo cantante, Alberto Tadini, che sostituisce Ricciardi per due 45 giri e diverrà molto noto nel 1978 cantando “Goldrake”, seconda sigla finale della serie “Atlas Ufo Robot” con il nome d'arte di Michel Tadinì - con i quali partecipano al Festival di Sanremo; “Per chi”, la celeberrima versione italiana di “I can’t leave without you” di Harry Nillson, pezzo che era stato lanciato nel 1970 dai Badfinger e con il quale vincono il Cantagiro (1972); “Amo te ami me” (1971); “Piccolo grande amore” (1972); “Anche un fiore lo sa” composto da loro stessi e che raggiunge i vertici della Hit Parade, confermando il momento di sintonia con il grande pubblico (1972); “Cara amica mia”; brano che partecipa a “Un disco per l’estate” nel 1973, per ricordarne alcuni. Quindi, la partecipazione a “Settevoci” e a “Chissà chi lo sa?”.
Nell’aprile del 1974 esce per la Philips il loro primo e unico longplaying, “Gens”, prima dello scioglimento del gruppo, l’anno successivo. Una raccolta di pezzi “[…] che dimostrarono, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno – si legge nel sito ufficiale del “Popolo dei Gens” “igens.net” da un’idea di Massimo Recchioni e con il contributo di Diego Manualdi - come i Gens sapessero raccontare le loro storie senza banalità' alcuna, guardando dentro se stessi ed insieme al mondo, rinunciando per sempre ed in modo deciso a facili treni commerciali in corsa sui quali invece molti altri gruppi del tempo finirono col salire. Per questo, o anche per questo, quello che poteva essere il clou di una sfolgorante e longeva carriera fu in realtà' il loro "canto del cigno". Qualcosa forse si logorò'? Qualcuno pensò' che valesse la pena sperimentare altre strade ancora più' all'avanguardia? Un peso, questo e' certo, lo ebbe il non volere sottostare alle leggi di quel mercato, scelta che fecero, come dicevamo, numerosi gruppi. Molti, senza fare nomi, continuarono cantando incredibili amenità' ma che vendevano valanghe di dischi, ed allora continuavano cantando amenità' ancora meno credibili. L'intimismo con gli occhi rivolti al sociale, lo sguardo verso alcune realtà' di emarginazione, il dare in un certo modo voce a chi non ne aveva, era prerogativa, allora, quasi esclusiva, di un ristretto numero di cantautori. Gli altri si "normalizzavano" per sopravvivere, raccontando improbabili favole di "evasione" a lieto fine che la gente cominciò' purtroppo, quasi costretta, a farsi piacere. Il mondo della musica cominciò' a capire solo più' tardi che l'affrontare alcune tematiche, (o comunque farlo in un certo modo) ed il vendere dischi potevano coesistere, ed addirittura affrontarle diventò' quasi una moda. Lo "sbaglio" dei Gens fu forse quello di essere nati musicalmente troppo presto, di essere arrivati, e forse non compresi fino in fondo, laddove altri arrivarono solo in seguito.”.
Nel 1990, in occasione della trasmissione-nostalgia di Red Ronnie “Una rotonda sul mare”, si riformano i “Gens” e cantano uno dei loro cavalli di battaglia, “Per chi”. Con l'ingresso nella formazione del genovese Enrico Bianchi alla voce ed alle tastiere, i “Gens” incidono per Radio Italia l'album “Uomini, non dei”, partecipando a diverse trasmissioni televisive. L'album entra nella classifica di vendita di “Sorrisi e Canzoni TV” nell'estate 1992, ma è un breve, effimero ritorno.
Sparirono così i mitici “Gens” e sparì il glorioso bar Irrera, il caffè “in fondo al viale”. E con loro sparì anche un’epoca e un grosso pezzo di storia della nostra città.