Parlare di cucina dalle nostre parti non è mai banale. Già Platone dava la dimensione del fenomeno: ospite a Siracusa, criticava ai concittadini di Archimede “di sedersi a tavola più volte al giorno”. Da noi mangiare è un piacere antico avendo assorbito dalle varie dominazioni che si sono succedute cibi, spezie, tendenze, modi e pratiche più diverse: dai greci l’uso dell’origano, dell’aglio e delle olive; dagli arabi la canna da zucchero, il riso, gli agrumi, il cous cous e il mitico sorbetto; dai normanni la cottura della selvaggina; dagli spagnoli, appena importato dal nuovo mondo, l’uso del pomodoro. Innovazioni che si sono conservate nel tempo e che si sono mescolate con la tradizione.
Un piacere antico che i nostri cugini catanesi e palermitani interpretano in maniera integrale, quasi religiosa; è facile trovare a Catania e a Palermo in ogni ora del giorno o della notte un bar, un bugigattolo, una friggitoria, un venditore ambulante che dispensa cibi e minutaglie da leccarsi le dita e che trovano la loro definizione nello “street food” o mangiare di strada. Una vera goduria! Nella nostra provincia, invece, anche se il rapporto con il cibo è intenso e tradizionale, non c’è quella ritualità che i nostri conterranei celebrano con rigore. Quindi dedicarsi alla gastronomia può essere un buon modo di trascorrere diversamente il nostro tempo libero. Vi invito quindi a sperimentare in maniera semplice alcune ricette della nostra provincia; mettetevi in gioco e potrete stupirvi e stupire chi vi sta intorno! Smettete quell’aria seriosa e “sporcatevi le mani” con farina, olio, uovo pangrattato e verdure. Questa volta il gioco comincia con il principe: l’Arancino. Per prima cosa bisogna preparare il ragù: per la mitica Adelina del commissario Montalbano necessitavano due giorni, noi cercheremo di farlo in meno tempo. Quindi in poco olio rosoliamo una cipolla, aggiungiamo una carota tagliata a dadini e successivamente aggiungiamo il macinato o pezzetti di carne di maiale, ancora dei piselli e infine la salsa, sale e pepe. Cuocete a fuoco bassissimo, mescolando di tanto in tanto per circa due ore, o comunque fino che il sugo non sarà addensato.
Nel frattempo, lessate il riso in acqua salata non troppo abbondante. Quando il riso è al dente e asciutto aggiungete lo zafferano, mescolate delicatamente e lasciatelo raffreddare su una spianatoia. In una terrina mettere il pan grattato, su un altra le uova sbattute e nell’ultima la farina; in una tocchetti di formaggio e in un’altra tocchetti di mortadella. Siamo pronti: raccogliete un po’ di riso nell’incavo di una mano, pressatelo e versatevi un cucchiaio abbondante di sugo, un po’ di carne, qualche pezzetto di formaggio, un tocchetto di mortadella e un altro po’ di sugo, ricoprite con un po’ di riso e lavoratelo a forma di piramide con la base schiacciata. Passate nella farina, nell’uovo e nel pangrattato. Friggeteli in abbondante olio d’oliva extravergine o di semi di arachidi e dopo aver sgocciolato su carta assorbente, mangiateli caldi. Buon appetito. E allora rimbocchiamoci le maniche: dimostreremo che l’arte medica e l’arte della cucina sono figlie della stessa musa, e che fondendosi possono elevare il corpo e lo spirito.