Regina vituperata in vita e anche dopo la sua morte, la figura di Maria Antonietta d’Asburgo è stata rivalutata nella seconda metà dell’Ottocento dai fratelli Edmond e Jules Goncourt analizzandola in rapporto al contesto storico-sociale in cui visse. A quest’opera i due intellettuali giunsero dopo aver scritto saggi come “La donna del XVIII secolo”, nei quali avevano dimostrato di essere dei profondi conoscitori del Settecento e dell’Ancien Régime. L’obiettivo degli autori era quello di spiegare ai lettori come la sovrana di Francia, moglie del re Luigi XVI di Borbone, non fosse così diversa dalle altre nobildonne dell’epoca e tentano di rivalutarne l’immagine di regina frivola e lasciva.
Il saggio inizia descrivendo il contesto politico e sociale francese, l’infanzia di Maria Antonietta nella corte di Vienna e l’arrivo a Parigi alla giovane età di 15 anni come Delfina di Francia. In seguito si analizzano la vita della giovane sovrana alla corte di Versailles come anche al Petit Trianon (una delle residenze reali più belle in assoluto a mio parere e meglio della dispersiva e opulente Versailles, perché unisce l’eleganza alla semplicità con i suoi giardini, pavillon, il laghetto, il ruscello e il villaggio con tanto di stalle, granai, piccionaia e pollaio); la rivalità con autorità politiche come il controllore generale delle finanze del regno Jacques Necker, scandali di pubblico dominio come l’affare del collier, i libelli e pamphlet contro la sovrana; i giorni di tensione in seguito alla presa della Bastiglia e culminanti con la fuga di Varenne; e infine i tentativi di restaurare la monarchia assoluta, i giorni di carcere trascorsi dapprima nelle Tulieries e poi nella Conciergerie fino alla decapitazione.
Nel saggio sono presenti anche immagini di Maria Antonietta dall’infanzia fino ai giorni che precedettero la sua morte, come ad esempio i quadri della pittrice Élisabeth Vigée-Le Brun.
Il saggio è encomiabile per lo stile di scrittura e per la capacità degli autori di difendere una regina assolutamente indifendibile per l’incapacità politica mostrata nell’aiutare il consorte inetto nella gestione dello Stato, la testardaggine a voler difendere principi obsoleti assolutamente inadeguati ai tempi e i costumi assolutamente discutibili. Nei confronti di Maria Antonietta io personalmente provo un odio riverenziale. Ne apprezzo l’intelligenza, la cultura, le competenze manuali e artistiche (come ogni Asburgo che si rispetti si dedicava a varie attività. Maria Antonietta in particolare era dedita al giardinaggio e aveva talento come musicista e attrice). Tuttavia farne di lei una regina martire è un insulto alla storia dell’umanità – semmai ci sono stati dei martiri nella Rivoluzione Francese quelli sono Desmoulins e Danton - e la sua morte era necessaria per l’affermazione dei principi democratici e repubblicani. Se non fosse nata per regnare probabilmente sarebbe stata un’artista apprezzata e di lei contemporanei e posteri avrebbero avuto un giudizio diverso.