La Polveriera di Camaro

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Nel Villaggio di Camaro, abbandonata da tempo e divenuta ricettacolo di rifiuti e rottami, sorge una splendida struttura ottocentesca, ben conosciuta dagli abitanti del luogo come “la Polveriera”.

Dotata di uno splendido portale con cornicione in mattoni, fu progettata nel 1882 dalla Commissione Generale per la Difesa dello Stato, presieduta dal Generale Giacomo Longo, come deposito di polveri e munizioni.

Fu ubicata in un sito ben defilato dai tiri dei cannoni navali e allo stesso tempo ben servita dalla vicina ferrovia che, attraverso la Galleria dei Peloritani, avrebbe consentito lo spostamento di uomini e munizioni verso il centro della Sicilia in caso di attacco nemico. La Galleria doveva fungere, in caso di invasione, da “interruzione stradale”, cioè da ostacolo insormontabile all'avanzata del nemico, grazie all’esplosione di mine che ne avrebbe occluso il passaggio.

La Polveriera fu progettata per una capacità di 100 tonnellate di polvere per “cariche fatte”.

Con l’obiettivo di posizionarla sufficientemente defilata dal mare, e opportunamente collegata con il porto, si propose la sua costruzione “non a prova” di bombardamenti navali (priva di volte a botte, molto spesse, tali da resistere all'esplosione di proiettili dirompenti; nda) e la sua ubicazione fu disposta “nella Valletta detta di “Cataratti” (affluente alla fiumara di “Cammari”) dove si sarebbe trovata coperta dalla vista del mare. dalmonte su cui si ergeva il forte Gonzaga e ove era anche possibile realizzare un binario per collegarla alla ferrovia del Tirreno che, percorrendo quella valletta, dopo aver attraversato in galleria la catena dei monti Peloritani, sarebbe giunta alla stazione di Messina e al porto”.

Attraverso il villaggio di Bisconte, la Polveriera era collegata, per mezzo di una piccola strada, alla strada militare di Montepiselli che si innestava su quella per S. Rizzo, da cui si potevano raggiungere i siti strategici sui Peloritani e le fortificazioni di montagna (Campone, Centri, Antennammare e Puntal Ferraro). 

Enzo Caruso