Giuseppe Raffaele

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Linea luce materia

Un tempo il punto era fermo e immobile. Pieno oltre ogni misura, fecondo di ogni possibile azione, di ogni possibile tempo, luogo, inizio e fine di ogni eventualità, di ogni incalzare dell’essere, di ogni dimensione dello spazio. Per curiosità, per gioco, per amore del mondo, il punto si mosse di un poco, qualche centimetro avanti, aprendo il ventre dell’universo in una detonazione di mondi. Ogni mondo si avvolse in una linea ritmica nello spazio, un tremolio vibrante di luce materia, frequenza, energia, poi molecola, poi elica, combinazione chimica di nuova vita. 

Punto, linea. Il pensiero si slarga sul foglio da un solco aperto in uno spazio preciso ma mai fermo. Il pensiero è linea, è struttura che si aggroviglia nel vuoto. Ma il vuoto non è innocente, non sta a guardare, non è assorto, non è negativo. Il vuoto è responsabile, è il presupposto, è il liquido amniotico dell’espressione dove si muove il punto, dove si innesca la linea.
Scintille. Queste sculture di Giuseppe Raffaele sembrano scintille. La luce non ha tempo di starci, di riposare, l’occhio l’insegue s’attorce nei giri esili, inestricabili. Un’inquietudine umorale, una ricerca mentale, che è sempre il movente della matita sul foglio, del segno, della parola. E qui è sincera, fresca: io sono. 

Giuseppe Raffaele giovane artefice ha una fucina di idee, un segno già suo, una scelta di materiali. Ho visto i suoi disegni: egli è coerente all’idea leggera e autosufficiente della linea, e ha trovato nel metallo il suo corrispondente fisico, lo strumento d’espressione. Usa questo materiale per quelle specificità che comunemente gli neghiamo, e invece: può essere leggero, può essere allungato, tirato in tutte le direzioni, spellato dall’acido, fatto danzare, muovere con una leggerezza commovente, con una presenza fragile ma coraggiosa, molto volitiva. D’altra parte il personaggio corrisponde. È mite questo artista, misurato nelle parole, quanto convinto dei presupposti teorici del suo lavoro. 

In questa sua prima personale “istituzionale” c’è già un mondo di interrogativi, un canovaccio di idee già provate dall’incontro con l’esistenza. La figura umana, nelle forme archetipiche più semplici, è il pretesto per le sue creazioni. Vita, viaggio, passaggio, Raffaele ragiona sul tempo, con il tempo. Ho visto dove lavora, un meditato studio immerso nella natura sui peloritani, fronte Stretto di Messina, invidiabile rifugio per questo artista che lascia impressionare i suoi sculture dall’acido e dalla forza delle intemperie. I maestri del Novecento, su tutti Giacometti, guidano questa ricerca su una fisicità possibile per le emozioni, per le paure, per gli interrogativi. C’è un punto d’equilibrio, c’è un istante in cui il movimento può essere intercettato nel suo acme, rivelandone la parabola finale, le traiettorie. Questo momento decisivo, questo attimo immobile che contiene tutto il movimento è per Raffaele il momento in cui esistono le sue opere: lo individua precisamente, lo insegue, lo figura esattamente. Per questa sua tensione spaziale, a causa di questa scelta, non può esserci un fondale bianco intonso dove l’opera vive senza rapporti. Dobbiamo muoverci intorno, dobbiamo immaginare come l’aria possa riempirsi del canto, come possa accendersi delle scintille di queste creature. L’occhio cerca il suo punto d’appoggio, e lo rinnova centimetro per centimetro nel gioco linea luce materia, così tutto vibra di emozione, di magica presenza, di possibilità feconde per una vita alla ricerca del mondo.

Giuseppe Raffaele sarà in mostra per "Le Scalinate dell' Arte" dall'8 al 30 Aprile al PalaCultura di Messina

Mosè Previti