La Vara è la trasposizione plastica dell'assunzione della Vergine Maria al cielo. Secondo la "Legenda aurea" di Jacopo da Varagine (1228 ca. - 1298), che si fonda su scritti apocrifi cristiani del III e IV secolo, la Madonna fu rapita in cielo dopo la sua morte in anima e corpo. Gli apostoli, che la vegliavano, videro apparire Cristo insieme all'arcangelo Michele con in mano l'anima della Madre. Una scena, questa, che ebbe notevole diffusione nell'iconografia bizantina con la denominazione di "Dormitio Virginis". Da questo episodio ha origine la Vara di Messina il cui primo accenno si ha in conseguenza dell'arrivo in città dell'imperatore Carlo V, il 21 ottobre 1535 reduce dalla vittoria di Tunisi contro i turchi, quando la Vara viene fatta uscire fuori tempo in suo onore.
Si legge infatti, alla data 19 settembre 1535 negli atti del notaio del Senato Salesio Mannamo: "darsi compimento alla machina della Vara". Per l'occasione, i personaggi che interpretavano Cristo e l'Anima di Maria nella parte terminale, furono sostituiti da altrettanti raffiguranti Carlo V che nella mano destra sosteneva una vittoria alata. La Vara sarà poi descritta da Francesco Maurolico nel 1562 che, con ogni probabilità, fu l'ideatore dell'apparato scenico-teologico mentre il pittore, scultore e architetto Polidoro Caldara da Caravaggio, ne fu il progettista.
L'enorme carro votivo (alto metri 13,50 e pesante 3000 chili) rappresenta in sostanza la sceneggiatura dell'Assunzione dell'Anima della Vergine in cielo mediante un complesso apparato sviluppato a piramide e mosso da diverse figurazioni, sul tema del teatro edificante delle rappresentazioni sacre che ebbero grande diffusione dal Medio Evo in poi. Partendo dalla piattaforma del "cippo", sulla quale è rappresentata la "Dormitio Virginis" (morte della Vergine) la cui Bara era contornata da dodici apostoli (fino agli anni 70 bambini e bambine seduti su seggiolini e giranti attorno), salendo, sono raffigurati i "Sette cieli " (il Paradiso) che l'anima della Madonna attraversa nella sua ascensione.
Quindi, in aderenza alla concezione tolemaica dell'Universo - la Terra al centro e il Sole, la Luna e gli altri pianeti, rotanti intorno ad essa - il Sole e la Luna girano sorreggendo, nei rispettivi raggi più lunghi, fanciullini vestiti da angioletti (un tempo erano quattro, a simboleggiare le virtù teologali) e, al culmine, la figura di Cristo che con la mano destra porge l'"Alma Maria" (l' Anima della Vergine) all' Empireo, dove c'è la beatitudine e la diretta visione di Dio.
Alla fine del '500 la Vara era così famosa da valicare i confini dello Stretto: Gioseppe Carnevale, dottore in legge, nel 1591 la definiva, infatti: "Maravigliosa festività...per l'altezza, e grandezza sua; e anco per l'ammirabile arteficio, e magistero: si tiene che sia, la più bella, e pomposa cosa del Mondo". Nel '600 e nel '700, essendo la Vara composta interamente da personaggi viventi, ad ogni fermata si svolgeva un dialogo in dialetto messinese tra l'Anima della Vergine e Cristo suo Figlio. Tutti i più importanti personaggi, re, principi, viceré, letterati e pittori di grande fama, italiani e stranieri, viaggiatori, facevano a gara a vederla: Patrick Brydone (1770), Jean Laurent Houel (1776), Richard De Saint - Non (1785), Johann Heinrich Bartels (1786), W. H. Smith (1824), Alexander Dumas, per citarne solo alcuni.
A causa delle vibrate proteste di intellettuali ed organi di stampa, nel 1866 tutti i bambini viventi compresi il Cristo e l' Alma Maria, furono sostituiti da figure in legno e cartapesta. Dopo la pausa forzata dal sisma del 1908, la processione riprese nel 1926. Oggi, a trascinare la Vara mediante lunghe gomene, è il popolo messinese, con l'azione congiunta di "capicorda", "vogatori", "timonieri" e "comandante": al grido di "Viva Maria!" si ripete così, ogni anno, una storia di fede lunga cinquecento anni.
Nino Principato