Il solco è un romanzo reportage della scrittrice e giornalista francese Valérie Manteau edito da L’Orma editore, che affronta le tematiche quanto mai attuali delle minoranze presenti in Turchia (in particolare quella armena), dell’identità turca e della dissidenza politica al presidente Recep Tayyip Erdoğan.
Nel 2016 la giornalista collaboratrice di Charlie Hebdo decide di trasferirsi a Istanbul per ritrovare un amore sfuggente, i vecchi amici del collettivo Muz e soprattutto per sfuggire all’angoscia del mondo che ritrova nel suo paese natio.
Sono passati tre anni dalla repressione della rivolta di Gezi Park e siamo nel pieno del processo al periodico Özgür Gündem, che vede convolte tra l’altro le scrittrici Asli Erdoğan (scrittrice nota in tutto il mondo per i suoi scritti come ad esempio il romanzo “Il mandarino meraviglioso” edito in Italia da Keller) e Necmiye Alpay. La dissidenza in Turchia è presente ma è più accorta rispetto al 2013, poiché non ci vuole niente ad essere processati per vilipendio dell’identità turca sancito dall’articolo 301 del codice penale turco e di cui lo Stato si avvale per fare tacere l’opinione pubblica più radicale.
Ci sono infatti alcune g-words, ossia parole proibite, che non possono essere pronunciate se non si vuole incorrere nel pericolo di essere considerato nemico dello Stato: una di queste è genocidio. Crogiolo di etnie con una storia secolare, dall’atto della sua nascita (1915) la repubblica turca ha avuto difficoltà ad accettare le minoranze etniche che la popolano: greci, armeni, curdi, siriani ed ebrei.
Un nome in particolare darà senso alla permanenza in Turchia dell’autrice. Quel nome è Hrant Dink: il grande giornalista e intellettuale armeno, fondatore e direttore editoriale del quotidiano Agos (Il solco), assassinato il 19 gennaio 2007 da un giovane nazionalista turco davanti alla sede della redazione del giornale. E così mentre la relazione col compagno si fa sempre più tesa, la giornalista si getta a capofitto nella sua ricerca per far sì che la morte di Dink non sia vana. Perché non si può morire per aver messo in evidenza il “veleno turco nell’identità armena”, intendendo con quest’affermazione la necessità di porre fine al nazionalismo, non negare le atrocità della Storia e battersi per uno Stato in cui sia possibile la convivenza delle differenze.
I libri richiamano altri libri e gli scrittori si compenetrano avvicenda. È ciò che avviene nel romanzo di Valérie Manteau. Una storia che l’autrice non avrebbe scritto, come lei stessa afferma nel romanzo, se non avesse letto La maschera della verità della scrittrice Pinar Selek in cui incontra per la prima volta la figura di Hrant Dink. Inoltre molti sono gli scrittori turchi citati quali Uyurkulak, Elif Şafak, Ece Temelkuran, Ahmet Altan e tanti altri.
Il romanzo, che si caratterizza per l’uso del “presente intimo”, è valso alla scrittrice il Prix Renaudot 2019.Dink in un suo editoriale affermò di sentirsi “prigioniero nell’inquietudine della colomba”, ma grazie a Valérie Manteau il suo messaggio di libertà e di pace non sarà inascoltato.
Roberto Cavallaro